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2020 – TESTO DEL CATALOGO MOSTRA MUTANTI – KOU GALLERY – Roma – 20 dic. 2020 /09 gen. 2021

Mutanti

Ognuno di noi sta dove stanno tutti, dentro la corrente della mutazione, dove ciò che ci è noto lo chiamiamo civiltà, e quel che  ancora non ha nome, barbarie. A differenza di altri penso che sia un luogo magnifico. (Alessandro Baricco)

L’artista ha una enorme responsabilità: trasformare la nostra visione, la visione dello spettatore, fino ad incorporarla giorno dopo  giorno. Molte opere tentano di evadere dalla propria interpretazione per non riferirsi che a se stesse, altre senza dubbio, si avviluppano  nel loro contorno, instaurando una nuova relazione fra  esse stesse.

La scultura non esprime lo spazio sino a che lo trasforma, senza dividerlo. Ma la scultura – parlando in senso tecnico – può essere solo la materializzazione di una forma in uno spazio? A volte – come qualsiasi espressione artistica –  è una maniera di esorcizzare, un disperato sforzo per apprendere, per appropriarsi del mondo.

Francesca Tulli dimostra che queste due concezioni possono non essere esclusive nè tanto meno parallele. Le sue sculture si riferiscono chiaramente al mondo circostante, e anche se  vogliono catturare l’essenza della materia, si ispirano al desiderio di superare la loro pluralità, la loro complessità di struttura e di relazione. Da sempre ha operato il suo fare creativo partendo dallo spiazzamento dello sguardo, sia nelle opere pittoriche che nelle sculture, siano esse di ceramica o bronzo, l’occupazione dello spazio è sempre non omogeneo. In questa ultima serie di lavori presenti nella mostra dal titolo “Mutanti” lo spiazzamento è ancora più evidente. Il titolo allude al modo in cui Francesca Tulli concepisce il suo lavoro, un qualcosa che va al di là dei limiti fisici reali e che esprime una sua possibile, futura evoluzione.

Il lavoro non si limita solo a quello che si può vedere, ma allude ad altro. Nel senso che ciò che si vede realmente riflette un’idea fra molte altre possibili. La relazione tonale di luce-forma, sia nei bronzetti che nelle ceramiche  è responsabile di una certa vibrazione o movimento esterno, di una “lucidezza” che suggerisce un silenzioso spiazzamento degli elementi materici. I led all’interno delle “teste” o meglio dei “volti” rivelano che tutto nasce dal di dentro e si struttura fuori di noi. Il risultato è, in essenza, molto chiaro per integrità ed equilibrio compositivo.

L’unicità, aspetto di vitale importanza del suo lavoro, è  conquistato attraverso la composizione in cui gli elementi sono saggiamente disposti nello spazio, relazionandosi tra loro in un costruttivo sviluppo di forme. Forme che sembrano esistere solo in funzione della conoscenza di due qualità: la purezza e l’organizzazione. Ma nello stesso tempo la sua opera aspira a volte a estendersi al di là dei suoi limiti, con la speranza che diventi un nuovo modo di guardare le cose.

L’arte e la natura sono i termini di una coppia dialettica che può incontrare la sintesi nella ristrutturazione dell’ambito umano. talvolta in un ambito ancora più intimo: è nella vita quotidiana, questa  cellula modesta, ma imprescindibile da qualunque progetto di organizzazione ambientale, che si ritrova la sua semplicità espressiva. Ed è qui che più frequentemente la riunione delle forme d’arte, in contrappunto o armonia con mera funzionalità, incontra la sintesi ricercata dall’artista. Una ricerca di nuovo dialogo con il mondo e con la struttura cosmica.

Non si sa mai se stai guardando una finzione preparata come vera o un fatto vero presentato come finzione (Peter Greenaway)

Massimo Scaringella

 

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